martedì 5 maggio 2015

Incroci di convergenze e divergenze (racconto)


-E‘ stato Botolo.
-Come fai a dirlo?
-E‘ stato lui.
-E io ti ripeto: come fai a esserne tanto sicuro?
-Lo so.
-E ti pareva, Mister Genius Genialis – Lisa accompagnò le sue parole portandosi le mani attorno alla testa come se stesse accarezzando un enorme casco virtuale – tra poco non ci sarà più spazio per il tuo enorme cervellone in questa stanza, ci toccherà traslocare.
-La dimensione del cervello non c’entra con la sua funzionalità. Sennò il tuo, che è femminile e quindi più piccolo, dovrebbe funzionare peggio del mio, che è maschile.
-Non è quello che pensi in fondo?
-Decisamente no, anche se a volte non mi lasci altra scelta. Ma nel tuo caso non è una questione di capacità. Più che altro, direi, il tuo è un problema di scelte e di opportunità.

Lisa non rispose immediatamente. Si fermò a riflettere un istante sulle parole appena pronunciate da Antonio con il suo solito tono pedante, analitico e involontariamente saccente. Una reazione emotiva e incontrollata era quello che voleva, per poi muovere le sue pedine d’accusa, secondo la classica strategia finalizzata a  bollarla come preda dell’irrazionalità femminile. Ma non questa volta.

-Mettiamo da parte per un momento la dimensione rispettiva dei nostri encefali – continuò scandendo lentamente le parole e dando uguale peso a ciascuna per evitare qualsiasi tipo di tono – e concentriamoci sull’accusa che hai mosso contro Botolo.
-Non era un’accusa, è un’affermazione.
-Diciamo un’affermazione accusatoria, per semplicità.

Antonio non trovò niente da dire e non rispose. Si aspettava il classico scoppio d’ira che gli avrebbe spianato la strada verso una facile vittoria e si stava ritrovando in un territorio di battaglia a lui nuovo.

-Tu sostienti che sia stato Botolo – riprese Lisa.
-Mi sembra un’evidenza, diciamo, oggettiva.
-E quali sono le caratteristiche di tale oggettività?
-Essenzialmente il fatto che non può essere stato nessun altro – Antonio aprì il palmo della mano come a pesare l’aria – chi altro può essere stato?
-Il vicino di casa, gli alieni oppure un gesto di un’automutilazione di Filippo.
-Si stava precisamente parlando di oggettività Lisa – la chiamava per nome solo quando stava per imboccare la lunga china dell’arrabbiatura, normalmente piuttosto flemmatica.
-E qual’è la tua definizione di oggettività? – Lisa stava chiaramente optando per un logorante conflitto d’attrito.

Antonio non rispose. Si limitò ad andare in soggiorno e a consultare il dizionario. Tornò dopo pochi secondi armato della definizione di Treccani in persona.

-Aderente alla realtà dei fatti, non influenzato da pregiudizi – riferì a Lisa con zelo.
-Appunto! – la parola le era uscita sotto forma di un urletto un po’ troppo acuto.
-Apputo cosa?
-Appunto – ripeté Lisa, questa volta con voce da baritono.
-Appunto – chiosò Antonio che aveva guardato l’orologio e si era reso conto che era ora di cena e stava cercando una soluzione rapida a quella guerra di trincea.
-No, appunto lo dico io.
-OK.

Antonio stava tentando la tattica della resistenza passiva, o anche della desistenza. Aveva saltato il pranzo e aveva una voragine nello stomaco. Sarebbe stato anche disposto a darle ragione pur di poter cenare presto, ma in quel caso non ce l’aveva proprio, e scelse lo stoicismo a oltranza.

-L’hai detto tu no?
-Cosa ho detto?

Sembrava chiaro che le fettine di vitello sarebbero rimaste in frigo ancora per un po’.

-La definizione di oggettivo – Lisa ripeté citando a memoria – aderente alla realtà dei fatti, non influenzato da preconcetti.
-Pregiudizi per l’esattezza.
-Va bene, pregiudizi.

Lisa stava per aggiungere un commento sarcastico sulla rigidità da ingegnere di Antonio, ma decise di conformarsi fino in fondo alla nuova tattica di guerriglia: lo voleva lavorare ai fianchi.

-Va bene anche preconcetti, in fondo sono sinonimi – tentò di concludere Antonio salomonicamente, sperando che un accordo su un dettaglio le avrebbe fatto dimenticare l’origine del diverbio e avrebbe portato all’apertura trionfale della porta del frigo.
-Io vedo due elementi in questa definizione. Numero uno – e qui Lisa si osservò con cura l’unghia del pollice che aveva perso un po’ di smalto – bisogna accertare i fatti.
-Certo i fatti, siamo d’accordo, molto importanti.
-Numero due – continuò lei scoprendo con orrore che anche lo smalto dell’indice si era irrimediabilmente rovinato – assenza di pregiudizi.
-Siamo d’accordo amore.

Non solo Antonio aveva aggiunto la parola “amore”, ma le si era avvicinato facendo intendere che l’avrebbe baciata se lei avesse assecondato il suo gesto.

-I fatti, Antonio, non ci sono – Lisa si era mossa di lato e adesso c’era una sedia a separarli fisicamente – punto.
-Filippo ha perso un occhio Lisa! Non ti sembra un fatto? Di quale altro fatto hai bisogno?
-Certo, ma qui non stiamo parlando di questo.
-E di cosa stiamo parlando allora Lisa?


Antonio sentiva che l’escalation sembrava inevitabile e scaricava la sua frustrazione mettendo e togliendo il tappo a una penna che aveva preso dal tavolo.

-Della causa, o se vuoi, del colpevole di tale atto.
-Che non è riferibile a Botolo chiaramente – Antonio non riuscì a trattenere un risolino di scherno.
-Non è oggettivamente riferibile a Botolo – Lisa gli tolse la penna dalle mani e la ripose sul tavolo.
-Oggettivamente il tuo gatto Botolo è l’unico essere vivente che abbia potuto togliere un occhio molto oggettivo al mio cane Filippo, anch’egli estremamente oggettivo. E lo sai perché può essere solo lui? –

Antonio aveva una certa passione per le domande retoriche.

-Perché lo dici tu – lo spiazzò Lisa.
-Perché sono rimasti soli tutto il santo pomeriggio, senza interferenze esterne (ti ricordi che abbiamo un sistema d’allarme?) e quindi non può oggettivamente esserci nessun altro colpevole – Antonio si soffermò un attimo a riflettere per essere sicuro di non avere omesso nulla – tranne se consideriamo la teoria degli alieni come una possibilità razionalmente accettabile.
-Ascoltami bene perché forse non stiamo parlando la stessa lingua.
-La lingua è la stessa, Lisa, ma la comprensione sembra divergere.
-Se, diciamo ad esempio, un essere A e un essere B coesistono nello stesso spazio per un determinato periodo di tempo – continuò Lisa svelando insospettate capacità di astrazione – e l’essere A risulta mutato nel tempo nelle sue caratteristiche fisiche...
-Diciamo “definitivamente menomato”, giusto per la precisione.
-Lasciami finire!
-Scusa.

Le fettine di vitello stavano tristemente scomparendo all’orizzonte.

-Allora, secondo la tua teoria, l’essere B deve essere necessariamente la causa di tale mutazione e quindi incontrovertibilmente il colpevole.
-La tua equazione è un po’ claudicante e forse è meglio prendere spunto dal tuo campo.
Ingegnere del cazzo! – si lasciò sfuggire Lisa. Poi dimostrando fedeltà alla linea strategica si corresse – scusa Antonio, continua pure.
-Ecco, cosa stavo dicendo?
-Non lo so.
-Non sopporto quando mi interrompi.

La lucidità di Antonio era annebbiata causa basso livello di glucidi nel sangue. Non riusciva a vedere nulla, tranne le fettine di vitello in padella, con salsa di limone e menta, magari accompagnate da puré di patate con una spolverata di cannella e delle cipolline in agrodolce.

-Antonio ci sei? – Lisa lo richiamò dalle sirene del miraggio.
-Ah ecco, cosa volevo dire, beh sì. Se due persone vivono nella stessa casa e una viene uccisa nel momento in cui l’altra è presente, non è normale sospettare dell’altra?
-C’è una certa differenza tra sospetto e condanna, non so se l’avevi notato.
-Certo – ammise Anotnio con rammarico, conscio dei suoi limiti in fatto di giurisprudenza. Stava entrando in un vicolo cieco – ma se tu fossi un giudice, per una volta, e non un avvocato.
-Avvocata prego.
-Avvocata certo. Ecco, in quanto giudice. A proposito, si dice giudicessa o giudica?
-Vai avanti, scemo.
-Insomma, in quanto giudice donna, non condanneresti l’altra persona in assenza di un alibi?
-No.
-Non ci credo.
-Non crederci.
-Appunto non ti credo.

Il vicolo era chiaramente totalmente cieco. Antonio per una volta non sembrava capace di vincere sul suo campo, quello del sillogismo. Lisa, dal canto suo, si sentiva in colpa per quello che era successo al povero cane Filippo, che in fondo non le aveva fatto nulla di male, tranne essere il nemico giurato del suo adorato gatto Botolo.

-Senti – dissero entrambi contemporaneamente.
-Scusa parla tu – sorrise Antonio.
-No dai, è il tuo turno – rispose Lisa conciliante.

Continuarono a fare melina per un po’ finché Antonio, vedendo aprirsi un’opportunità di sedersi a tavola, continuò.

-Mi sembra inutile discutere sul problema.
-D’accordo – Lisa stava adottando una tattica attendista.
-Concentriamoci sulla soluzione.

Antonio sembrava essersi reincarnato in Matteo Renzi, gli stavano spuntando anche i nei sulla faccia.

-Ovvero?
-Che non succeda più qualcosa di simile. Prevenzione.
-OK, siamo d’accordo.

Seguì un discreto silenzio, in cui Antonio cercava le parole adatte e Lisa lo guardava, curiosa di capire su quale specchio intellettuale si sarebbe arrampicato.

-Non voglio insinuare che la colpa sia solo di Botolo.
-Perché sarebbe errato – puntualizzò Lisa.
-Perché sarebbe inverificabile – corresse Antonio.
-Errato barra inverificabile. Punto.
-Ma poniamo l’ipotesi, dico solo un’ipotesi e nulla più, che ci potesse essere un alterco, diciamo fisico, tra Botolo e Filippo.
-Sicuramente non causato da Botolo.
-Lasciamo stare provocazioni e responsabilità. Parliamo di conflitto fisico e basta.
-Va bene, ma reitero il punto di cui sopra.
-Ecco, in caso di conflitto aperto, violento diciamo, risulta evidente che le unghie di Botolo (e ciò indipendentemente da chi abbia iniziato la zuffa) rappresenterebbero un pericolo evidente per Filippo.
-Quindi? – Lisa aspettò a reagire perché voleva capire dove voleva andare a parare.
-E quindi, per ridurre i danni potenziali, magari, potremmo tagliargli le unghie.
-Cosa? Tagliarli le unghie??? – Lisa aveva abbandonato ogni prudenza e tattica d’attrito. Era molto vicina alla strategica Hiroshima e Nagasaki.
-Era solo una proposta – Antonio stava tentando di disinnescare la bomba prima che esplodesse, con gravi danni per la sua glicemia.
-Una proposta del cazzo direi!
-E’ solo un’opinione, la mia – tentò di minimizzare.
-Un’opinione certo. Ma non di meno un’opinione del cazzo, la tua.
-Un’opinione del cazzo che potrebbe essere rispettata.
-Io la rispetto, la rispetto molto, tantissimo. Ma non per questo cessa di essere del cazzo, anzi cazzissimo direi.
-Perché? Qual é il problema?
-Senti, mi sembra evidente che le unghie del povero Botolo sono sicuramente meno pericolose delle zanne di quella bestia di Filippo. Perché non gli tagliamo i denti allora? Magari possiamo asportargli l’intera mandibola, oppure saldarla all’arcata superiore.

Antonio dovette concedere che la logica di Lisa era inappellabile. Lisa, dal canto suo, continuava a sentirsi sempre più in colpa per l’occhio perso da Filippo, che giaceva accucciolato e mogio sulla sua copertina di lana a quadratoni rossi e blu, con il muso nascosto sotto la coda. Si rese conto che quel senso di colpa era una bomba a orologeria, pericolosissimo a lungo termine. Se la discussione fosse continuata, avrebbe probabilmente finito per cedere a qualsiasi richiesta.

-Soluzione provvisoria.
-Uhm – Antonio vedeva uno spiraglio gastronomico aprirsi all’orizzonte.
-Separati ma uguali.
-Richiama un po’ le leggi razziali americane.
-Uffa.
-Spiegati meglio.
-Semplice: quando noi non ci siamo, rimangono in stanze separate.
-Ma Filippo ha bisogno di spazio Lisa, dai!
-Anche Botolo se è per questo, ma magari uno può stare in una stanza e l’altro avere accesso al resto dell’appartamento.
-Mah...
-Lasciami finire.
-A giorni alterni – tagliò corto Antonio.
-A giorni alterni – concluse Lisa.
-Affare fatto?
-Affare fatto.

Si strinsero le mani soddisfatti.

-Hai fame Lisa? Ieri ho comprato delle fettine di vitello.
-Scusa Antonio, ma le ho mangiate a pranzo. Se vuoi ci sono i resti delle lasagne bruciate di domenica in frigo. Te le metto nel microonde?

Antonio non ebbe la forza di reagire. Prese la sedia, si sedette, appoggiò la testa sul tavolo e chiuse gli occhi. Aveva adottato la stessa posizione di Filippo, faceva venire il magone di tristezza.

-Scherzo, le fettine sono già pronte, basta riscaldarle.  

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