domenica 24 novembre 2013

Un ringraziamento alla libreria Costeniero e alle persone che sono venute alla presentazione del mio mio libro a Castelfranco Veneto. Qui di seguito troverete due racconti della raccolta a cui sto lavorando.

Racconto: Il signor f e le maledizioni


Ci sono momenti in cui il signor f ha l’impressione di essere sotto l’effetto di una maledizione. Si tratta di quei giorni in cui la combinazione di elementi negativi è talmente sorprendentemente sincronizzata da fargli credere ad una cospirazione orchestrata ad arte per rendere la sua vita miserabile.
Per esempio, può accadere che esca di casa senza chiavi, dimenticando la pentola a pressione sul fornello acceso, con la batteria del cellulare scarica, nel giorno in cui una riunione improrogabile avrà luogo. Inoltre la ruota della bicicletta sarà sgonfia, la pompa inutilizzabile e sarà costretto a prendere un bus in corsa senza fare il biglietto. Ovviamente incontrerà un controllore integerrimo che gli farà la multa.
Il signor f deve fare un intenso sforzo analitico per oggettivizzare tali eventi e di solito riesce a provare a se stesso che la maledizione non è altro che una concatenazione tra causalità e casualità. Nei casi più estremi, tale sforzo analitico può durare a lungo (a volte vari giorni) ed essere particolarmente intenso, ma ha il vantaggio di portare calma e serenità al suo animo tormentato.
Vi è tuttavia un ambito in cui il signor f non riesce a trovare il nesso tra la causa e l’effetto: la tecnologia. Il signor f ha problemi cronici con qualsiasi apparato che contenga un software, o semplicemente un condensatore, anche se nuovo di zecca e della migliore marca sul mercato.
Il suo computer è ipocondriaco quasi quanto lui, attirando i virus più rari e letali, virtualmente impossibili da eliminare e causanti danni irreversibili nei file più importanti. Benché dotato di ben cinque sistemi di backup – di cui uno nel cloud – essi falliscono miserabilmente a causa di problemi di hardware, software, licenze, varie ed eventuali.
Il suo telefono, di per sé per nulla smart, perde sistematicamente tutti i numeri in memoria e manda messaggi casuali senza che egli se ne accorga, come un inopportuno “ti amo” al capufficio.
Il lettore mp3 su cui sono caricato 90 gigabyte di musica (il signor f è un grande amante della musica tradizionale balcanica) si è improvvisamente arrestato senza che sia possibile fare un reboot ed il programma che utilizza per fare l‘upload rifiuta di aprirsi.
La lista potrebbe continuare per altre pagine, ma più che la quantità dei problemi tecnologici, ciò che colpisce il signor f è la loro inesplicabilità. Nessun tecnico contattato – telefonicamente, per e-mail o di persona – riesce a trovare una spiegazione plausibile al problema e dunque neanche una soluzione. Si limitano ad alzare le spalle e consigliare di provare a spegnere e riaccendere l’apparato.
Dopo aver provato ogni rimedio a disposizione, il signor f si è convinto che la natura del male è di origine occulta. Troppo razionale per rivolgersi ad una cartomante, un mago, un feticheur vodoo o un indovino, il signor f accetta il suo fato con degna rassegnazione, clickando continuamente sul tasto “OK” del messaggio di errore che appare ogni volta che accende il computer.


Illustrazione di Leticia Oggero

Racconto: Il signor f e la memoria


Il signor f è uno smemorato. E’ capace di uscire di casa con l’ombrello; fermarsi dal giornalaio a comprare la Settimana Enigmistica; andare a comprare il pane; dimenticare l’ombrello dal panettiere; andare dal medico; dimenticare il pane nella sala d’aspetto; entrare in farmacia e rendersi conto che la ricetta che aveva messo in tasca è sparita. Rientrato a casa, scopre con grande disappunto che dovrà uscire un’altra volta per comprare pane, medicine e Settimana Enigmistica, e questa volta senza ombrello.
Tale caratteristica – apparirà evidente a chiunque – non gli rende la vita facile al lavoro, dove la memoria viene molto spesso privilegiata all’intelligenza, soprattutto se critica, in Italia come nel resto del mondo.
Il signor f si è ormai rassegnato alla sua cronica condizione di smemorato, e tale rassegnazione gli porta una certa pace. In effetti, perdere la memoria per le cose insignificanti non gli dà alcuna tristezza (non fosse per la necessità di comprare vari ombrelli nel corso di un anno). Inoltre, più che affetto da scarsa memoria, il signor f si è reso conto di avere una memoria estremamente selettiva. Tale selezione non si effettua in base all’importanza assoluta di un oggetto o di un evento (ovvero l’importanza data dagli altri), quanto in base ad un’importanza relativa (ovvero quella data dal suo subconscio).
In questa scala di valori, per esempio, l’anniversario della morte del grande scacchista Alexader Alikhine è impossibile da dimenticare, mentre la scadenza del pagamento della bolletta del gas necessita di vari post-it tra frigo, porta d’ingresso e mobiletto del bagno.
Ma ciò che impressiona di più il signor f è la relazione tra memoria e tempo. Si sarebbe tentati dal pensare che i ricordi più recenti siano i più vivi e che si vadano sbiadendo con il passare degli anni, come un vecchio poster troppo esposto al sole. Ed invece il tempo non sembra lavare i colori in maniera omogenea. Ce ne sono alcuni che scompaiono nel giro di pochi giorni o di poche ore (il signor f sarebbe incapace di dire cosa ha mangiato il giorno prima). Altri, invece, rimangono impressi e giovani negli anni, come il ritratto di Dorian Gray.
Spesso si tratta di cose piuttosto triviali, minori. Per esempio, il signor f si ricorda a distanza di decenni alcune barzellette (ma non tutte) che gli raccontavano all’asilo, la forma della borsetta di cuoio rossa della sua maestra delle elementari, o il litigio per un panino con il suo migliore amico d’infanzia. A volte gli viene in mente una frase di poco interesse pronunciata da suo nonno, oppure la risposta ad un esame all’epoca dell’università, ma magari non il voto che ha ricevuto.
Parallelamente a quanto sopra, la sua memoria è totalmente evanescente quando si tratta di eventi che per la maggior parte dei suoi simili vengono considerati epocali. Per esempio, del suo primo bacio non è rimasta traccia. Per quanto possa egli scavare, il buco resta vuoto, come per il primo giorno di scuola o il posto in cui si trovava l’undici settembre duemilauno.
C’è poi il fatto che la memoria sembra avere un’identità propria, che si integra in maniera del tutto aleatoria con il presente. Mentre un collega gli parla pedissequamente di quisquilie di lavoro, il signor f può ripensare a quando aveva tentato di pescare delle trote legando un pezzo di pane ad un filo di nylon, senza amo. Mentre il medico lo sta esaminando per scoprire la causa del suo ultimo malanno, la sua mente va al giorno in cui ha montato il suo primo modellino d’aereo. Quando il controllore del treno gli chiede il biglietto, può ripensare a quando – in età adolescente – si era trovato in bicicletta sull’autostrada, riportato a casa dalla polizia per la disperazione dei genitori (si tratta, in questo caso, dell’unico episodio in cui il signor f ha attraversato la linea di confine tra legalità e illegalità).
C’è poi la “metamemoria”, un neologismo coniato dal signor f per descrivere la memoria relativa alla memoria, ovvero le volte in cui ha pensato agli stessi eventi del passato in condizioni diverse. Tentando una superficiale analisi psicologica per identificare comuni cause scatenanti degli stessi ricordi, il signor f si è dovuto arrendere all’evidenza che i ricordi ricorrenti non obbediscono a nessun parametro razionale, ma sembrano zampillare in maniera imprevedibile dalla fontana del pensiero, rispondendo ad uno stimolo sconosciuto.
A volte il signor f ha l’impressione che i ricordi abbiano una vita propria, indipendente dalla sua volontà e coscienza. Gli sembra che i ricordi evolvano, mutino nel tempo, si sviluppino e assumano connotati leggermente differenti. Per esempio il suo ruolo in un dato evento può passare dall’essere marginale, fino a diventare più decisivo ed infine determinante. Oppure la sua responsabilità relativa ad un errore può gradualmente scemare fino ad essere annullata, in un processo di auto-assolvimento. Si tratta di un processo progressivo, la cui disamina è resa difficile (se non impossibile) dal fatto che la memoria non si può stampare e comparare come se fosse una serie di foto o diversi articoli di giornale.
Il signor f ha ormai accettato i fatto di vivere vite parallele: una quella del presente e l’altra – soggetta ad evoluzioni incontrollabili – quella della memoria. Benché talvolta egli abbia il sospetto di essere affetto da una rara forma di schizofrenia, egli giudica tale situazione in modo positivo. Avere più opzioni può essere meglio che averne una sola e poter far evolvere la realtà (benché solo quella passata) gli dà un’irreale sensazione di potere, anche se incontrollabile.


Illustrazione di Leticia Oggero

domenica 25 agosto 2013

Un altro pezzo del romanzo

- Oggi interroghiamo. Peretta vieni alla lavagna.
Un brusìo scosse la classe già intenta ad allenare i pollici sulle minitastiere del loro cellulari.
- Mah professore – protestò il Figo – oggi è giovedì e si va avanti con il libro di solito.
- Ogni tanto mi piace cambiare – gli risposi godendomi il suo sguardo di panico puro. Brutto stronzo, pensai, oggi imparerai cos’è l’umiliazione. Vediamo se le fighette della scuola ti verranno ancora dietro come un branco di vacche in calore.
- Ma professore non è giusto, perché proprio io?
- Peretta – gli risposi distrattamente facendo finta di cercare qualcosa nella mia borsa di pelle – la giustizia è un concetto che è mutato nel tempo. Oggigiorno ci sono un po’ troppe garanzie e diritti. Io mi ispiro alla giustizia babilonese. Conosci la giustizia babilonese?
Il Figo fece di cenno di no con la testa.
- Beh la scoprirai oggi.
Il resto della classe rimase tetanizzata, non sapeva se rincuorarsi di non essere stata scelta per lo scannatoio oppure temere che il brusco cambiamento della routine non diventasse la norma, aprendo lo spazio a scenari di devastante imprevedibilità. Il risultato fu un silenzio assoluto e totale, interrotto solo dal ronzio di qualche cellulare che aveva ricevuto un messaggio.
Mi rendevo conto che stavo attraversando una pericolosa linea di confine, passando dalla categoria di professore sfigato ma innocuo a quella di bastardo. Invece di impaurirmi, il pensiero mi fece venire un leggero brivido di eccitazione. Io di solito abituato a volare basso e scegliere il male minore ed evitare scrupolosamente ogni possibile rischio stavo improvvisamente uscendo dal calore confortevole delle zone protette per affrontare l’ebbrezza del vento gelido e sferzante dell’ignoto. La parte di me che era rimasta con i piedi per terra mi stava sussurrando all’orecchio che stavo facendo un’enorme cazzata e mi intimava prudenza. Ma la sua voce quel giorno era stranamente debole e fioca, inconsistente. Ci volle poco perché la parte più agguerrita, quella che di solito dorme profondamente, la mettesse a tacere facendo leva sul mio desiderio di rivincita, sopito certo, ma non del tutto morto.
 - Peretta prendi il gesso e scrivi: x alla seconda, meno y alla terza, fratto logaritmo di z alla quarta – continuai creando un’equazione irrisolvibile anche per il clone di Albert Eistein. Il Figo sembrava spaesato, un naufrago abbandonato alle onde. Aveva perso di colpo la sicurezza sprezzante che doveva mettersi addosso tutte le mattine assieme alla crema per il viso ‘Young Skins’ della Loreal e nelle pupille gli si poteva leggere a chiare lettere cubitali la parola ‘panico’.
- Peretta su non fare la bella statuina – gli dissi scribacchiando qualcosa sulla mia agenda. Ma il Figo-Peretta non si muoveva, gli occhi vacui puntati verso un punto immaginario tra il bordo inferiore della lavagna ed il battiscopa di truciolato laccato marrone che separava il muro scrostato dal linoleum verde scuro.
- Peretta ti sei incantato? – continuai girando la testa per guardarlo meglio.
- Peretta hai bisogno di un caffè? Dei pasticcini?
L’intera classe emise un suono incontrollato, breve e istintivo, all’unisono. Era una specie di sbuffo spontaneo. Avevano riso alla mia battuta, o almeno così mi parve. La gioia nel vedere soffrire il loro compagno di classe stava prevalendo sulla paura individuale.
- Peretta almeno dai un segno di vita, che ne so, facci vedere come balli sui cubi!
La seconda battuta ebbe ancora maggiore effetto della prima e nessuno stava più dissimulando il proprio divertimento. Risero tutti senza ritegno. Tutti tranne Stefania Melanti che mi guardava con aria ambigua: né terrorizzata né divertita, semplicemente interrogatoria.
- Peretta facci un favore, smettila di massacrare quel povero gessetto che non ti ha fatto nulla di male e usalo per risolvere la funzione.
Ma il Figo stava cedendo. Le mani sudate erano impastate di polvere di gesso frantumato dalla stretta nervosa e frenetica delle sue dita. Il mento gli si stava alzando e abbassando impercettibilmente, i muscoli delle mascelle contratti, la respirazione più evidente. Te si proprio beo, pensai guardando i tratti fini del suo naso finire tra sopracciglia folte e curate che inquadravano i suoi occhi color nocciola come la cornice di un’opera d’arte, ma non te capissi un casso de matematica. Non potei impedirmi di pensare che, nonostante tutto lo invidiavo profondamente. Se avessi potuto avrei sicuramente scelto il suo accesso facilitato alla figa piuttosto che essere il cugino povero di Pitagora com’ero io.
- Capitano Kirk chiama Peretta? Ci senti Peretta? – iniziai a girare lentamente il coltello nella piaga. Mi parve fosse piacere quello che stavo provando.
In un clima ormai da stadio, con l’intera classe a scompisciarsi dal ridere successe l’impensabile. Il Figo lasciò cadere il gessetto, le mani si mossero verso le labbra carnose che non riuscivano più a nascondere la forma tipica della disperazione. Gli occhi gli si inumidirono, la fronte perse l’elasticità perlacea per scomporsi in mille piccole rughe. Peretta iniziò a piangere. Prima una sola, solitaria lacrima, uscita quasi per sbaglio. Poi, come una diga che si squarcia di colpo, un fiume ininterrotto di lacrime che iniziarono a cadere sul linoleum con dei rumorosi ‘toc’ che fecero tornare il silenzio in aula.
- Vai al posto Peretta, lasciamo perdere. Per il momento ti metto un due, poi magari vediamo.
Mentre il Figo riguadagnava il suo banco cosparso di inutili suppellettili parascolastiche dal prezzo equivalente a quello della mia macchina, mi rivolsi alla classe con l’aria bonaria di un direttore di lager che vuole dimostrare insospettata magnanimità.
- Prendete il libro e apritelo a pagina centocinquantadue.

Un urlo di sollievo mi giunse alle orecchie. Feci un’ampia panoramica per godermi il momento. Tutti gli occhi erano puntati su di me in un misto di attenzione e attesa. Tutti tranne quelli di Peretta che fissavano il banco come se vi fosse proiettata un’immagine ipnotica e quelli di Stefania Melanti che erano fissi su Peretta, mentre con la mano lo stava consolando toccandogli affettuosamente il ginocchio. Avevo vinto la battaglia ma stavo perdendo la guerra.

giovedì 18 luglio 2013

Libreria Italiana a Zurigo

Da oggi "Radice di due" è esposto alla Libreria Italiana di Zurigo:

http://www.libreriaitaliana.ch/

Consiglio di andare anche a chi non sia interessato al mio libro. Chiacchierare con la proprietaria è di per sé un piacere.

venerdì 5 luglio 2013

Un pezzetto del primo capitolo

La Sala Professori è per gli studenti il mistero dove si nasconde il Potere. Il luogo dove insospettabili cassetti contengono i risultati dei compiti in classe, la condanna a morte o l’amnistia, il posto dove i predatori si scambiano opinioni e consigli su come essere più efficaci nella loro scientifica bastardaggine, sui vari modi esistenti di infliggere dolore nel corpo ormai inerme della vittima. Gli studenti ci passano davanti con riverenza, gettando rapide e fugaci occhiate nel tentativo di scoprire segreti reconditi o studiare l’umore dell’interrogante di turno. Spesso vanno a passo spedito, quasi con la paura che un drago possa uscirne per mangiarli vivi.

Nella realtà la Sala Professori è un condensato di sfiga plurima e recidiva, dove emarginati sociali  resistono ognuno a proprio modo all’inevitabile sconfitta delle proprie speranze e dei propri consunti ideali. Il mondo sta prendendo a tutta velocità una direzione e loro – molto più lentamente – quella opposta. I professori entrano in Sala Professori quasi fosse una specie di trincea. Un posto in cui non solo non ci sono studenti, né figli, né mariti, né televisioni, ma soprattutto un luogo dove ci si ritrova con i propri simili, come i sopravvissuti ad un naufragio su una scialuppa di salvataggio, o i frati in un convento di montagna. La Sala Professori è il luogo dove i tavoli consunti e gli armadi che si chiudono male ascoltano pazientemente da decenni le medesime conversazioni.

venerdì 3 maggio 2013

Citazioni De André

Chi riuscirà a trovare tutte le 21 citazioni di De André da altrettante canzoni, riceverà in premio un racconto originale.

martedì 2 aprile 2013

Così inizia il romanzo


Mi svegliai in un bagno di sudore e sperma. Erano scomparse le cosce della Marini, le sue labbra gonfie, le tette, il culo, tutto. Rimaneva un letto sfatto e una stanza buia. Una sveglia mi richiamava alla realtà – o a ciò che consideriamo tale – implacabile come una ghigliottina. Un odore acre e familiare saliva dalle mutande verso il naso. La delusione scendeva dal mio cervello verso i miei genitali depressi. Per una logica ovvietà la doccia prevalse sulla colazione e mi ritrovai ad invertire il mio rito mattutino: prima il sapone e poi il caffè. 
Pioveva, era mercoledì e fuori dalla finestra c’era Castelfranco Veneto, più insipida del solito. La strada era bagnata, la pioggia aveva formato delle pozzanghere irregolari e profonde da cui schizzi di acqua sporca si alzavano al passaggio di vecchie utilitarie guidate da uomini con la faccia nera e berretti calcati fino alle sopracciglia. Da un po’ di tempo il triveneto produttivo non era più quello della mia infanzia, ovvero: soppressa, lavoro, Mercedes ed evasione fiscale; tranne per l’evasione fiscale s’intende. 

sabato 23 marzo 2013

L'uscita

E' uscito il primo romanzo di Francesco Bruscoli, Radice di Due. Per chi fosse interessato si può ordinare ad uno dei siti di cui sotto, oppure chiedere in libreria:


http://www.ibs.it/code/9788851725723/bruscoli-francesco/radice-due.html
http://www.firenzelibri.com/libri/9788851725723.html
http://www.inmondadori.it/Radice-di-due-Francesco-Bruscoli/eai978885172572/
http://www.unilibro.it/libro/bruscoli-francesco/radice-di-due/9788851725723